Conoscere l’ampio carteggio, finora in gran parte inedito, intercorso fra “il signor del pennello” e il “signor della rima”, vuol dire dunque conoscere a fondo l’animo di Gabriele d’Annunzio aldilà di ogni retorica e pregiudizio;
vuol dire conoscere tutta la storia di un’amicizia straordinaria, che ha del magico, libera alfine dagli errori e dalle inesattezze che fino ad ora hanno pesato su di essa. Apprendiamo così, per la prima volta, che la celebre dedica al Michetti del “Trionfo della Morte” si deve alla riconoscenza del Poeta verso l’amico che nel 1894 aveva ospitato al Convento Maria Gravina e la figlia Cicciuzza, in origine la dedica era destinata al Carducci.
Probabilmente la scena dei mietitori che inseguono quella che diventerà per i due artisti “la figlia di Iorio”, avvenne sotto i loro occhi a Tocco da Casauria il 19 maggio del 1894.