€ 22.00
Autore: Franco Di Tizio
Genere: Saggistica
Formato: 17×24 cm
Edizione: 2005
Pagine: 320 con illustrazioni
Collana: Biblioteca dannunziana
ISBN: 978-88-88302-17-1
Consorte di uno dei più noti editori del primo Novecento, al centro della vita culturale milanese, Antonietta Treves fece del suo salotto un luogo d‘incontro di letterati e artisti, le cui amicizie coltivò a lungo, anche dopo la morte del marito e fino ai pieni anni Settanta, grazie a una longevità vigile e attiva. Le molte testimonianze raccolte sulla sua figura da Franco Di Tizio convergono nel descriverla come una donna intelligente, generosa, aperta alle richieste altrui, si trattasse di scrittori illustri o di sconosciuti laureandi, soprattutto consapevole che solo partecipandole agli altri si valorizzano davvero le proprie doti umane e la propria cultura. Nell‘obiettivo del curatore è un particolare aspetto della biografia di Antonietta, il rapporto di amicizia con Gabriele d‘Annunzio che, per lunghi anni nel catalogo degli scrittori dell’Editrice, aveva gradualmente acquisito una grande familiarità con Guido Treves e con la moglie, dei quali era stato testimone di nozze. E‘ una relazione che, in riferimento alla fama di tombeur de femmes del divo Gabriele, ha sollevato interrogativi, e Di Tizio li discute, lasciandone tuttavia la soluzione ai lettori: quindi, non è il caso di emettere giudizi in questa sede. Ciò che importa, invece, è rilevare i riflessi che la personalità della Treves ha proiettato sul carteggio con d‘Annunzio, facendo in modo che le ipotetiche avances di costui si trasformassero, placandosi in una serie di carezzevoli appellativi Comarella, Suor Dolcina, e via dicendo) nella costanza di un legame affettivo durato fino al declino fisico e morale e alla definitiva uscita di scena di lui. Il vero perno di questo rapporto è la devozione sincera di Antonietta per un uomo che ella vede al di sopra del comune, specialmente dopo l‘impresa fiumana , devozione che si esprime nel quotidiano degli acquisti di gusto per gli addobbi del Vittoria le o per gli indumenti delle sue ospiti di piacere e si sublima nella schietta partecipazione, venata di una vibrante sensibilità femminile, alle altalene umorali del Comandante. Il quale, per la verità, non si chiude nell‘egotistica claustrazione del Vittoriale, comprende e apprezza la dedizione di lei: basti leggere in controluce la lettera in cui piange la morte di Guido, nel maggio 1932 -un epicedio, si direbbe, della sua stessa scrittura letteraria, e insieme la celebrazione di un‘amicizia salda e duratura. Si deve essere grati a Franco Di Tizio per questo prezioso tassello che aggiunge alla ricostruzione del profilo biografico e psicologico del poeta pescarese, avviato e portato avanti da lui già con molti altri saggi.
Umberto Russo